Smart working . nuova sfida per le aziende italiane.

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Lo smart working, definito “lavoro agile” dal D.D.L. n. 2233, si impone sempre di più quale forma di lavoro flessibile connotata chiaramente dalla finalità di conciliare al meglio esigenze produttive e tempi di vita e lavoro.

Dopo tredici anni dall’Accordo Interconfederale sul Telelavoro, la Legge n. 81 del 22 maggio 2017 ne offre un quadro normativo completo, sul quale le imprese potranno basare la nuova organizzazione del lavoro.

Esclusa la collocazione di tale forma di lavoro tra quelle atipiche, essa si inserisce tra i rapporti di natura subordinata, nonostante l’assenza dei fondamenti della subordinazione.

Luogo ed orario di lavoro, infatti, vengono ed essere i due connotati flessibili di tale forma di lavoro che, normalmente predeterminati dal datore di lavoro secondo i limiti di legge, sono demandati ad un accordo tra le parti.

Secondo la sopracitata legge l’accordo scritto tra le parti definirà la durata del rapporto di lavoro, i tempi di preavviso, le indicazioni circa gli strumenti attraverso i quali esercitare la prestazione lavorativa ed il potere di controllo disciplinare da parte dell’azienda.

Connotazione principale dello smart working è l’utilizzo di strumenti di tecnologie avanzate, necessarie allo svolgimento del lavoro ed al controllo del datore di lavoro sul corretto svolgimento dello stesso.

Tale potere di controllo non è però esente da limiti, tanto è vero che l’accordo tra datore di lavoro e lavoratore deve sempre rispettare quanto disposto dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, così come modificato dal Jobs Act, D.Lgs. n. 151/2015, secondo cui l’impiego di determinati strumenti di controllo a distanza debba essere conseguente all’utilizzo degli stessi da parte del lavoratore per rendere la sua prestazione lavorativa e mai finalizzati esclusivamente ad un’attività di controllo.

Nello smart working quindi, la disciplina dei controlli, mentre è affievolita rispetto a quella generale in merito alla registrazione degli accessi e delle presenze (si ricorda la flessibilità di vincolo di orario e luogo di lavoro), risulta puntuale rispetto all’adozione degli strumenti tecnologici utilizzati per esercitare il controllo dell’esercizio dell’attività lavorativa stessa.

Ulteriore limite di cui tener conto nell’esercizio del controllo, è quello della trasparenza, poiché i mezzi attraverso cui esso dovrà essere eseguito saranno direttamente deducibili dall’accordo, il quale descriverà l’organizzazione produttiva, e l’utilizzo degli strumenti a disposizione del lavoratore, gli stessi che il datore utilizzerà per la monitorazione.

E’ da sottolineare, inoltre, che la flessibilità di vincoli di orario non implichi l’assenza di questi ultimi, né debba tradursi in una diminuzione della tutela del lavoratore, che dovrà lavorare sempre nel rispetto dei limiti orari massimi, debitamente controllati e definiti nell’accordo, oltre che nel rispetto della normativa generale.

Riusciranno aziende italiane e dipendenti, ad oggi ancorati a idee quali quella del posto fisso, ad accogliere e sfruttare i risvolti positivi di un cambiamento di tale portata innovativa?

Il Comitato Scientifico di Consulenza del Lavoro 3.0 srl

(Società tra Professionisti)