Modalità di pagamento degli stipendi. In arrivo nuove regole?

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Nuove regole si prospettano per le modalità di pagamento delle retribuzioni ai lavoratori e a prevederlo è il disegno di legge n. 1041/2017, approvato alla Camera ed ora passato al Senato. La proposta di legge rivoluziona la tracciabilità delle busta paga e se dovesse essere approvata in via definitiva, i datori di lavoro saranno tenuti a rispettarne le disposizioni.

Al riguardo, occorre ricordare la normativa vigente sul prospetto paga, la legge n. 4/1953, secondo la quale il datore di lavoro è obbligato a consegnarlo, anche telematicamente, ai lavoratori (esclusi i dirigenti) nel momento in cui viene consegnata la retribuzione. La busta paga deve indicare:

  • nome, cognome e qualifica professionale del lavoratore,
  • il periodo cui la retribuzione si riferisce,
  • gli assegni familiari,
  • tutti gli altri elementi che compongono la retribuzione,
  • le singole trattenute.

Il suddetto prospetto deve portare la firma, sigla o timbro del datore di lavoro o di chi ne fa le veci e vige l’obbligo di consegnarlo al lavoratore, al momento della retribuzione, così da metterlo in condizione di comprendere in che modo è stato determinato il suo compenso. Tuttavia, la firma della busta paga dimostra solo che essa è stata consegnata al dipendente ma la prova del reale pagamento è a carico del solo datore di lavoro. Molteplici sono le modalità attraverso le quali poter effettuare la consegna: cartacea, via mail, via PEC o tramite sito aziendale nell’apposita area riservata, alla quale accedere con le proprie credenziali.

Nel caso in cui il datore di lavoro non ottemperi al suo obbligo, è soggetto al potere di vigilanza dell’Ispettorato che può comminare una sanzione amministrativa, da 125 euro a 770 euro. L’obbligo di consegna non è previsto nel settore del lavoro domestico e nella Pubblica Amministrazione.

Ma vediamo nel dettaglio cosa prevede il ddl. Principalmente, la proposta di legge introduce l’obbligo per i datori di lavoro, titolari di partita IVA, di eseguire il pagamento delle retribuzioni (compreso ogni anticipo di essa) solo mediante istituti bancari o uffici postali, con uno dei seguenti mezzi:

  • accredito diretto sul conto corrente del lavoratore;
  • pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale;
  • emissione di un assegno da parte dell’istituto bancario o ufficio postale consegnato direttamente al lavoratore o ad un suo delegato in caso di comprovato impedimento, che si intende verificato quando il delegato è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni.

Al datore di lavoro è riconosciuta la possibilità di pagare con altri strumenti, come ad esempio paypal o carte ricaricabili, idonee a verificare l’effettiva corrispondenza tra lo stipendio pattuito e quello corrisposto.

Il ddl interessa tutti i datori di lavoro e le varie tipologie di contratto (compreso lo smart working, co.co.co e l’apprendistato), ad eccezione del lavoro domestico (quale colf, badanti, baby sitter e simili), i dipendenti della Pubblica Amministrazione e i datori di lavoro non titolari di partita IVA.

Dunque, il datore di lavoro non potrà più pagare lo stipendio in contanti ma dovrà necessariamente servirsi di strumenti tracciabili come bonifici e la firma posta dal dipendente sul cedolino non ha più valore legale. Irrilevante è la quietanza di pagamento, con la quale il dipendente dichiarava di aver ricevuto il pagamento. L’avvenuto pagamento potrà essere dimostrato solo con la movimentazione bancaria, con la ricevuta di ritiro del denaro allo sportello bancario o postale o, per ultimo, la matrice dell’assegno con la tracciabilità bancaria dello stesso.

Inoltre, a carico del datore di lavoro vi sono specifici obblighi, quali:

  • indicare nella comunicazione obbligatoria, inviata al Centro per l’Impiego competente, gli estremi dell’istituto bancario o postale incaricato per il pagamento della retribuzione al dipendete;
  • annullare l’ordine di pagamento solo inviando, all’istituto bancario o postale incaricato, una copia della lettera di licenziamento o di dimissioni del dipendente, fermo restando l’obbligo di effettuare tutti i pagamenti dovuti dopo la risoluzione del rapporto di lavoro;
  • in caso di trasferimento dell’ordine di pagamento ad un altro istituto bancario o ufficio postale, deve darne comunicazione scritta, tempestiva ed obbligatoria, al lavoratore, senza con ciò comportare ritardi nel pagamento della retribuzione.

Per chi non rispettasse il nuovo regolamento, sono previste delle sanzioni economiche:

  • dai 5.000 ai 15.000 euro di multa, per chi corrisponde lo stipendio mediante un canale di pagamento non tracciabile;
  • 500 euro se non comunica al Centro per l’Impiego competente gli estremi dell’ufficio postale o bancario incaricato del pagamento o, anche, per qualsiasi altra comunicazione omessa.

Lo scopo del disegno è contrastare la possibilità che il datore di lavoro, sotto minaccia di licenziamento, costringa di fatto il dipendente ad accettare un importo inferiore ai minimi fissati dalla contrattazione collettiva, pur firmando una busta paga dalla quale risulta, al contrario, una retribuzione regolare e cercare di ridurre così il fenomeno delle false busta paga, garantendo la tracciabilità degli stipendi.

Staremo a vedere se il testo, passato all’esame del Senato, diventerà definitivamente legge.

A cura del Dott. Ciro Abbondante – Consulente del Lavoro e della Dott.ssa Bianca Panico – Praticante Consulente del Lavoro.