Le collaborazioni coordinate e continuative dopo il Jobs Act.

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La disciplina attualmente in vigore per le collaborazioni coordinate e continuative ricomprende tra queste le sole disposte dall’art. 409 c.p.c. , ovvero testualmente  i “rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato”.

L’attuazione (in parte) della legge delega 183/2014, tramite il Jobs Act (D. Lgs. 81/2015), ha infatti abrogato il “contratto a progetto” e le “altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo”, restringendo l’area della parasubordinazione ai soli rapporti richiamati dal tenore letterale del sopracitato articolo, di cui si riportano i caratteri salienti:

-          Devono consistere in una prestazione d’opera;

-          Detta prestazione deve possedere i caratteri della continuità e del coordinamento.

Quanto al requisito della continuità, è sufficiente che l’attività si protragga per un determinato arco temporale, mentre per coordinamento si intende l’autonoma organizzazione dell’attività lavorativa da parte del collaboratore.

L’art. 2 del Jobs Act introduce una tutela per i lavoratori parasubordinati, prevedendo l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione caratterizzati da prestazioni di lavoro (non di opera) esclusivamente (e non prevalentemente) personali, continuative e per le quali è il committente a definire orario e luoghi di lavoro.

Al fine di evitare che venga applicata la disciplina rivolta alle collaborazioni coordinate e continuative ai rapporti di fatto assimilabili al lavoro dipendente, con la relativa ingiusta esclusione dalle tutele costituzionali caratteristiche del lavoro subordinato (art. 2094 c.c), non risulta necessario dimostrare l’assoggettamento del lavoratore al potere disciplinare e direttivo del datore di lavoro, ma bensì il solo accertamento della etero-organizzazione così come definita dal sopracitato art. 2 del Jobs Act.

Il Governo però, nulla ha statuito in merito al compenso da corrispondere al prestatore, intervento di cui si necessiterebbe considerata la non sostanziale parità delle parti contrattuali e considerato che il contratto tra le parti risulta il solo parametro economico applicabile.

La etero-organizzazione ha delle specifiche deroghe previste dal citato art.2, secondo cui essa non viene applicata a specifiche categorie di collaborazioni, e ciò poiché il fine sotteso a tale norma non è soltanto quello di evitare che rapporti di fatto subordinati vengano ingiustamente qualificati come collaborazioni coordinate e continuative, ma anche per evitare il fenomeno della “pansubordinazione”, cioè l’inclusione nella subordinazione di soggetti che non ne hanno le caratteristiche.

A cura della Dott.ssa Pilato Rosaria – Consulente del Lavoro e della Dott.ssa Salemme Vincenza – Praticante Consulente del Lavoro.