Appropriazione temporanea di denaro aziendale: il dipendente è licenziabile?

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Cosa succede se un dipendente si appropria temporaneamente di somme aziendali? In via generale, si potrebbe pensare ad un licenziamento disciplinare. Tale licenziamento viene sanzionato quando sussiste una giusta causa o un giustificato motivo soggettivo che il datore di lavoro imputa al lavoratore. Infatti, quest’ultimo, con la sua grave condotta reiterata, compromette il vincolo di fiducia con l’azienda, indispensabile per la prosecuzione di un qualsiasi rapporto lavorativo, integrando così gli estremi per il licenziamento.

Tuttavia, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30224 del 15 dicembre 2017, ha asserito l’illegittimità del provvedimento disciplinare nei confronti di una cassiera, ritenuta responsabile di aver sottratto 250 euro dal fondo casso per ragioni personali.

Il licenziamento è stato dichiarato illegittimo perché era garantita l’intenzione della dipendente di restituire la somma prelevata e dunque di non volersene appropriare in via definitiva, dal momento che la stessa dipendente aveva scritto un biglietto firmato in cui veniva precisata la somma. Ed è proprio l’intenzione di restituire la somma a far sì che la condotta incriminata non integri neanche gli estremi del reato di appropriazione indebita (art. 646 del codice penale) proprio per la mancanza di dolo, ovvero della volontà di trattenere la cosa come se fosse propria.  

La somma di denaro è stata restituita prontamente e se anche ciò non fosse avvenuto, le sarebbe stata imputata ugualmente proprio per la nota scritta dalla dipendente.

Inoltre, il licenziamento non era un’opzione praticabile, in primo luogo perché la gravità della condotta non era tale da giustificare il licenziamento considerato l’extrema ratio e, in secondo luogo perché, constatata la corretta ed impeccabile condotta della dipendente nei confronti della datrice per tutta la durata del rapporto di lavoro, l’episodio verificatosi non andava a ledere il vincolo di fiducia.

Ricordiamo che il dipendente può ricorrere contro il licenziamento che ritiene illegittimo, impugnando la lettera di licenziamento entro 60 giorni in via stragiudiziale ed avrà a disposizione 180 giorni per presentare successivamente ricorso giudiziale, pena l’insussistenza della contestazione.

A cura del Dott. Ciro Abbondante – Consulente del Lavoro e della Dott.ssa Bianca Panico – Praticante Consulente del Lavoro.