Assolto l'imprenditore in crisi che paga gli stipendi e non le ritenute!

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Cosa succede se, in tempi di crisi aziendale, l’imprenditore non può pagare contemporaneamente gli stipendi e le tasse? Quale tra i due adempimenti ha la priorità?

Con la sentenza n. 6737 del 12 febbraio 2018, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un’imprenditrice che, in assenza di liquidità a causa di una dura crisi economico-finanziaria, ha scelto di pagare gli stipendi ai suoi dipendenti anziché le imposte dovute.

Dinanzi alla scelta, la datrice di lavoro ha preferito versare regolarmente gli stipendi ai suoi dipendenti affinché quest’ultimi fossero in grado di sostenere le loro famiglie ed in quanto tutelati dalla Costituzione, con particolare riferimento al diritto al lavoro e alla conseguente retribuzione.

Ma vediamo come la Corte è giunta a questa rivoluzionaria decisione.

In un primo momento, la Corte d’Appello aveva respinto le difese della donna, escludendo lo stato di necessità come motivo di non punibilità e dunque rinvenendo il reato fiscale per il mancato pagamento dei contributi.

In un secondo momento, la Cassazione ha ribaltato il verdetto perché, a suo parere, ciò che rileva è l’elemento soggettivo e, nel caso di specie, l’assenza della malafede, più dettagliatamente di dolo, anche solo generico, necessario ad integrare lo stato di condanna.

La responsabilità è esclusa solo se la crisi economica non è imputabile all’imprenditore e solo quando sono state prese tutte le misure necessarie per fronteggiarla.

Diversamente, il soggetto imprenditore è punibile per il reato di omissione contributiva:

-          Se l’omissione contributiva relativa al mancato versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali è di importo superiore a 10.000 euro, la pena è la reclusione fino a 3 anni e la multa fino a 1032 euro (si configura un vero e proprio illecito penale);

-          Se l’omissione contributiva relativa al mancato versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali non è superiore a 10.000 euro annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro.

In entrambi i casi, il datore di lavoro non sarà punibile né assoggettabile alla sanzione amministrativa se provvede al versamento delle ritenute entro 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

A cura del Dott. Ciro Abbondante – Consulente del Lavoro e della Dott.ssa Bianca Panico – Praticante Consulente del Lavoro.