Il caso del dipendente costretto a firmare buste paga con importi superiori .

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Cosa succede se il datore di lavoro costringe un suo dipendente a firmare un cedolino con importo superiore rispetto a quello effettivamente corrisposto?

Con la sentenza n. 6006 del 25 gennaio 2018, la Corte di Cassazione ha statuito che qualora un datore di lavoro obblighi un dipendente a sottoscrivere cedolini con importi superiori rispetto a quelli che effettivamente eroga, sotto minaccia di licenziamento, è punibile per il reato di estorsione.

Nel caso in esame, i giudici della Suprema Corte hanno confermato quanto già era stato deciso dai giudici della Corte d’Appello, non ritenendo necessari ulteriori prove o riscontri, dal momento che risultavano sufficienti le accuse formulate dai dipendenti.

Quest’ultimi avevano testimoniato di esser stati minacciati di licenziamento al fine di essere costretti a firmare per quietanza prospetti paga in bianco o con importi superiori.

Dalla contabilità in nero dell’azienda risultava una discrepanza tra quanto corrisposto ai dipendenti e quanto indicato nelle buste paga.

Il datore di lavoro che commette un tale reato rischia un’incriminazione per estorsione (art. 629 c.p.) e la reclusione. La minaccia è configurabile già solo per aver prospetto la possibilità al dipendente di perdere il proprio lavoro se questi non accetta un trattamento economico inferiore rispetto a quello risultante dalle buste paga ed imposto dal CCNL applicato.

La reclusione va dai 5 ai 10 anni ed è prevista anche una multa da 1.000 a 4.000 euro. In casi di estorsione aggravata, la pena è della reclusione da 7 a 20 anni e la multa va da 5.000 a 15.000 euro.

A cura del Dott. Ciro Abbondante – Consulente del Lavoro e della Dott.ssa Bianca Panico – Praticante Consulente del Lavoro.