Ammessa la prova per testi per l’applicazione della tutela reale ex art. 18

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La Corte Suprema di Cassazione, nella sentenza n. 23771 del 21/10/2013, ha considerato decisiva la prova testimoniale ai fini della valutazione dei requisiti dimensionali per l’applicazione della tutela reale prevista dall’art. 18.

Nel caso di specie, la Corte di appello, dopo aver rilevato che il caso di specie richiedeva l’applicazione della tutela reale in luogo di quella obbligatoria, aveva condannato un’azienda a corrispondere al dipendente illegittimamente licenziato, un ulteriore risarcimento, dopo che questo aveva rinunciato alla reintegrazione nel posto di lavoro e aveva optato per la relativa indennità.

La Corte di Cassazione è stata chiamata in causa per giudicare sull’operato della Corte d’appello e, in particolare, sull’ammissione della prova testimoniale, risultata poi decisiva, ai fini del raggiungimento dei 16 dipendenti richiesti perché ai rapporti di lavoro in essere si applichi la tutela reale.

Dalla prova testimoniale è emerso che i soggetti interrogati, che secondo l’azienda avevano avuto una collaborazione del tutto occasionale e straordinaria, erano invece a tutti gli effetti dei lavoratori subordinati, pur se non risultanti dal libro matricola e sprovvisti di un contratto di lavoro scritto.

La Corte non solo ritiene valido l’operato della Corte d’appello, ma precisa che il computo di questi due soggetti fra i lavoratori subordinati, non scaturisce dalla mancata  prova circa la configurazione di un rapporto di natura autonoma, da parte del datore di lavoro, bensì dal «positivo riscontro in base alle deposizioni testimoniali puntualmente evocate in sentenza» (Corte di Cassazione n.23771/2013).  In più la Corte sottolinea che ai fini della esclusione della natura subordinata del rapporto, non rileva la occasionalità della prestazione e il fatto che si svolgesse esclusivamente in determinati periodi dell’anno.

Inoltre, la Suprema Corte specifica che non si riscontra nessun vizio nell’operato del giudice di merito, il quale è assolutamente libero di individuare, tra le fonti a sua disposizione, quelle sul quale formare il suo convincimento e quelle maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti.

Alla luce di questo ragionamento, la Corte Suprema sancisce la piena legittimità dell’uso della prova testimoniale ai fini del computo dei lavoratori per la verifica dei requisiti di legge necessari ai fini della tutela reale.

Il Coordinamento Scientifico

di Consulenza del Lavoro 3.0

(Società tra Professionisti)