No all'assunzione dell'amministratore quale lavoratore subordinato.

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Riguardo all’annosa questione della compatibilità tra lavoro subordinato e ruolo di amministratore di società, rispetto alla quale già più volte ci siamo dichiarati contrari, di seguito riportiamo (virgolettata) la risposta al quesito inoltrato alla Direzione Territoriale del Lavoro di Macerata.

Il Direttore della DTL di Macerata nella risposta espone, in modo puntuale e dettagliato, la sua posizione che consiste nell’escludere, in linea di massima, ogni riconoscibilità di rapporto di lavoro subordinato tra società e amministratore della stessa.

“Con riferimento alle attività dei soci e degli amministratori va anzitutto valutata il tipo di prestazione lavorativa resa. Per queste figure occorre esaminare se esiste la possibilità di instaurare un rapporto di lavoro subordinato fra l'organismo sociale come datore di lavoro e i soci della società nonché fra l'organismo sociale ed i suoi amministratori e questo come rapporto diverso ed autonomo rispetto al rapporto societario od all'incarico di amministratore (Cass. 25 marzo 2009, n. 7260). D’altra parte, la possibilità di instaurare un rapporto subordinato è condizionata dal fatto che sia richiesta una attività distinta e ulteriore rispetto a quella insita nella qualità di amministratore o di rappresentanza legale della società. In linea generale si ritiene compatibile il rapporto di lavoro subordinato con la qualità di amministratore (Cass. 25 maggio 1991, n. 5944) con l'esclusione dell'amministratore unico e nel caso in cui non sia configurabile una volontà della società distinta da quella dell'amministratore. Va inoltre tenuto presente l’indirizzo assunto dagli Enti Previdenziali, in merito al riconoscimento o disconoscimento del rapporto di subordinazione, che ha effetti pratici su una parte consistente del rapporto di lavoro. Per un costante orientamento giurisprudenziale per la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato nel contesto di una società di capitali e il socio è necessaria la prova della sussistenza del vincolo di subordinazione e cioè l’assoggettamento al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società (Cass. n. 6819 del 24 maggio 2000). Si esclude, così, la cumulabilità nella medesima persona della duplice qualità di socio-amministratore di una società e di lavoratore subordinato della stessa, nel caso del socio “amministratore unico” di una società di capitali (Cass. n. 654 del 27 gennaio 1984). Inoltre la Circolare dell’Inps n. 179 dell’8 agosto 1989 ha precisato che “quando il presidente, l’amministratore unico e il consigliere delegato esprimono da soli la volontà propria dell’ente sociale, come anche i poteri di controllo, di comando e di disciplina, in veste di lavoratori essi verrebbero ad essere subordinati a se stessi, cosa che non è giuridicamente possibile. Per essi, pertanto, in linea di massima, è da escludere ogni riconoscibilità di rapporto di lavoro subordinato”. D’altro canto sempre l’Inps con Circolare n. 117 del 21 giugno 1983 ha riconosciuto la possibilità della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato tra società e socio purché sia dimostrata la ricorrenza di tutti i requisiti tipici del rapporto di lavoro subordinato e la prestazione da parte del socio di attività lavorativa per la società deve essere diversa da quella che svolge eventualmente come socio ed esplicata sotto le effettive direttive della società stessa; inoltre la corresponsione della correlativa retribuzione, quale compenso dell'attività lavorativa prestata, deve essere in ogni caso nettamente distinta dalla quota di partecipazione agli utili della società.”

Il Coordinamento Scientifico di 

Consulenza del lavoro 3.0 srl

(Società tra Professionisti)