In materia di licenziamento per ragioni disciplinari, anche se il CCNL preveda un determinato comportamento come giusta causa o giustificato motivo soggettivo di recesso, il giudice deve comunque verificare l’effettiva gravità della condotta addebitata al lavoratore.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione pronunciandosi sul caso di una
lavoratrice licenziata per un ammanco di cassa.
È consolidato, infatti, l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema
di accertamento della giusta causa di recesso, la valutazione dì gravità della
condotta del lavoratore, tale da non consentire la prosecuzione, neppure
provvisoria, del rapporto, deve essere effettuata in relazione agli specifici
elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie concreta, quali il tipo di
mansioni affidate al lavoratore, gli eventuali precedenti disciplinari, il
carattere doloso o colposo dell’infrazione, le circostanze di luogo e di tempo,
le probabilità di reiterazione dell’illecito.
La Corte di Cassazione ha, quindi, ritenuto illegittimo il licenziamento della
dipendente, diversamente dalla Corte d’appello che ha valorizzato elementi di
natura oggettiva, in quanto: l’entità dell’ammanco accertato riveste oggettiva
importanza in fattispecie connotata da intenzionalità della condotta, salvo che
esso emerga come l’importo complessivo di una pluralità di episodi di
negligente gestione della cassa; l’incapacità della dipendente di fornire
spiegazioni sulle possibili ragioni dell’ammanco non appare tale, in presenza
di unicità di condotta disciplinarmente rilevante nell’arco di un lungo
rapporto lavorativo, da denotare “un totale disinteresse per gli obblighi di
custodia e conservazione delle somme incassate” gravanti sulla dipendente
stessa, trattandosi di atteggiamento psicologico che richiede quanto meno la
reiterazione nel tempo di episodi di univoco o convergente significato.
Peraltro, l’individuazione nella condotta addebitata alla lavoratrice di un
grado di colpa idonea ad integrare una violazione degli obblighi contrattuali
talmente grave sotto il profilo oggettivo e soggettivo, da spezzare in modo
irrimediabile la fiducia datoriale, non risulta preceduta da un’analisi del
contesto di regolazione interna dell’attività.
Fonte Teleconsul Editore Spa