Le alternative ai vecchi voucher: nuovi "voucher" e contratti alternativi.

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Abrogati i voucher che erano stati istituiti con il Jobs Act, grande è l’incertezza rimasta aperta e molte sono le domande riguardo le nuove possibilità di regolarizzazione del lavoro di tipo accessorio. 

Attraverso il metodo dei voucher  il datore di lavoro poteva, acquistando semplicemente un buono, avere a disposizione forza lavoro all’occorrenza, ad esempio nei momenti di maggiore attività, ottenendo flessibilità e basso costo del lavoro.

In questo modo però sono venuti a crearsi problemi di tracciabilità, poiché l’utilizzo di un buono cartaceo, pur se usufruibile solo in presenza di una comunicazione telematica, lasciava spazio ad abusi.

Le soluzioni alternative presenti sono tipologie contrattuali molto più stringenti rispetto al lavoro accessorio e di cui si espone breve disamina.

Il primo strumento a disposizione e di cui effettivamente è stato registrato un incremento d’uso, è individuabile nel contratto a chiamata (cosìdetto lavoro intermittente), il più simile al lavoro accessorio, attraverso il quale il datore di lavoro ha a disposizione un lavoratore che può essere, da contratto, obbligato o meno a rispondere alla chiamata di lavoro. Le differenze con i voucher sono notevoli, in termini di costo per l’azienda ed in termini di limiti oggettivi (è applicabile solo alle tipologie di lavoro indicate dal R.D. n. 2657/1923) e soggettivi (assunzione sempre consentita se il lavoratore ha meno di 24 anni o più di 55).

Altro strumento è il contratto a tempo determinato, anch’esso caratterizzato da limiti quali quello della durata massima (36 mesi) e quello del numero di lavoratori a tempo determinato in azienda, che non può essere in ogni caso superiore al 20% dei lavoratori a tempo indeterminato. Si sottolinea che sono più elevati i costi, rispetto alla forma del contratto a tempo indeterminato, come ad esempio la previsione dell’1,4 % in più di contribuzione.

Vi è poi il contratto a tempo parziale che deve analiticamente prevedere, in sede di stipula dello stesso, la determinazione dell’orario di lavoro, perdendo quindi di flessibilità e prevedendo una maggiorazione retributiva in caso di lavoro oltre l’orario contrattualmente pattuito.

In ultimo, in alternativa è possibile ricorrere a forme di lavoro autonomo occasionale, caratterizzato dalla possibilità del lavoratore di autodeterminarsi e dall’assenza di vincoli di orario e di luogo. Ciò determina il non ricorrere dei presupposti di assicurabilità Inail e di contribuzione. Tale forma lavorativa risulta però incompatibile rispetto a quella dei voucher perché caratterizzata da concetti di coordinazione e continuatività.  

Tutte le suddette forme lavorative inoltre contribuiscono all’incremento del numero dei dipendenti occupati, da cui possono derivare ulteriori oneri in capo al datore di lavoro stesso.

Ci si è posti quindi il problema di come fare per adottare rapporti lavorativi che consentano il mantenimento delle caratteristiche che tipizzano i voucher e contestualmente risolverano il problema dell’abuso e dell’uso scorretto degli stessi.

La soluzione potrebbe pervenire dai nuovi voucher, approvati dal Parlamento con legge di conversione del decreto 50/2017, che innova i precedenti sotto vari aspetti.

Innanzitutto le disposizioni che regolano i nuovi voucher sono differenti a seconda del fatto che ad utilizzarli siano persone fisiche e micro imprese (in tal caso si parlerà di libretto famiglia) oppure aziende per le quali sono stati istituti i PrestO (contratto di prestazione occasionale).

Nel primo caso i voucher verranno acquistati online come tagliandi del valore di € 12,00 all’ora, mentre sul fronte delle aziende la nuova legge prevede la possibilità di attivare, tramite un portale online dell’Inps, un mini-contratto occasionale, con una paga oraria minima di 9 euro ed il 33% di contribuiti a carico del datore, oltre al premio assicurativo contro gli infortuni e le malattie professionali.

Il tetto annuo di guadagno per il lavoratore tramite i nuovi voucher potrà essere al massimo di € 5000,00 netti, e di € 2500,00 presso lo stesso committente. Il committente a sua volta non potrà superare € 5000,00 annui di erogazione di voucher, pur se a lavoratori diversi. Le prestazioni occasionali, inoltre, non potranno durare meno di 4 ore, e il committente non potrà richiederle ad una persona che già lavora per la sua azienda, né a chi con quella stessa azienda ha interrotto da meno di 6 mesi un rapporto di lavoro subordinato o di co.co.co.

La novità consiste quindi nelle maggiori restrizioni nell’utilizzo dei voucher, nell’acquisto degli stessi online e nell’utilizzo di una nuova piattaforma telematica attraverso la quale il committente comunicherà il previsto utilizzo di un lavoratore, il quale a sua volta confermerà tramite la stessa piattaforma di aver svolto l’attività lavorativa.

Si attende ora circolare chiarificatrice dell’Inps in merito alla nuova piattaforma elettronica e alla procedura stessa.

Rispetto a questa soluzione permangono comunque dubbi rispetto all’insorgenza di illeciti o l’instaurazione di rapporti integrativi irregolari.

Il Comitato Scientifico di Consulenza del Lavoro 3.0 srl

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