La disciplina degli assegni per il nucleo familiare dei cittadini stranieri.

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La disciplina dell’assegno per il nucleo familiare trova applicazione anche per i lavoratori stranieri occupati in Italia.

È pacifico il riconoscimento degli ANF ai lavoratori comunitari, allo scopo di evitare disparità di trattamento in materia previdenziale ed assistenziale tra gli Stati membri, garantendo  la possibilità ai cittadini comunitari di lavorare liberamente e a condizioni quanto meno omogenee all’interno dell’Ue.

Leggermente più complessa risulta l’analisi rispetto all’erogazione degli stessi ai lavoratori stranieri provenienti da Stati extracomunitari, regolata dalla direttiva 2011/98/UE che definisce una procedura unica per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare regolarmente nel territorio di uno Stato membro a fini lavorativi.

La presente direttiva statuisce che ai suddetti lavoratori venga garantito il diritto alla parità di trattamento, e conseguentemente vengano riconosciuti loro gli stessi strumenti di previdenza sociale dei cittadini europei, azzerando qualunque tipo di discriminazione.

La Corte di Giustizia europea ha offerto chiarimenti interpretativi in merito alla stessa (sentenza 21 giugno 2017 causa c-449/2016) nel corso di una questione pregiudiziale adita proprio dall’Italia, nell’ambito di un ricorso promosso da una lavoratrice extracomunitaria cui era stata negata l’erogazione degli assegni familiari da parte dell’Inps. 

La Corte di giustizia da, nel caso di specie, ragione alla lavoratrice ed offre contestualmente dei chiarimenti fondamentali:

-          Gli  Anf, costituendo una prestazione familiare destinata a compensare il bilancio familiare tesa ad alleviare gli oneri derivanti dal mantenimento dei figli, rientra nei settori di sicurezza sociale cui si applica il principio della parità di trattamento enunciato nella sopracitata direttiva;

-          Tutti gli Stati membri devono uniformarsi alla sopracitata direttiva garantendo l’erogazione degli Anf ai cittadini di paesi terzi in possesso del permesso unico, che svolgano o abbiano svolto attività lavorativa per un periodo minimo di sei mesi e siano registrati come disoccupati.

-          Gli Stati membri possono prevedere limitazioni  alla citata disciplina europea, ad esempio nel caso di cittadini di Stati terzi che siano stati autorizzati a lavorare sul territorio per un periodo non superiore a sei mesi, nonché ammessi a titolo di studio o cui è consentito lavorare in forza di un visto.

Ad oggi l’Italia non ha esercitato questa facoltà di prevedere la suddetta limitazione e deve quindi adeguarsi necessariamente ai precetti indicati dalla direttiva, garantendo l’erogazione degli Anf ai lavoratori stranieri quale contributo pubblico destinato a compensare positivamente il bilancio familiare. 

Il Comitato Scientifico di Consulenza del Lavoro 3.0 srl

(Società tra Professionisti)