E' sempre possibile trasformare il rapporto di lavoro da full time a part time?

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È pacifico che le parti di un rapporto di lavoro possano decidere di trasformare l’originario orario di lavoro stabilito contrattualmente.  Questo sia nel caso in cui si tratti di una trasformazione di part-time in full-time che viceversa.

Risulta opportuno concentrarsi su questo secondo caso, ovvero di trasformazione dell’orario di lavoro da full time a part time, nel quale si verifica una condizione peggiorativa per il dipendente dal punto di vista retributivo. Per questa ragione è illegittima la decisione unilaterale del datore di lavoro di riduzione dell’orario di lavoro.

Occorre sottolineare che anche la pretesa del lavoratore di convertire unilateralmente il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale è illegittima, considerate la facoltà che il datore di lavoro possiede  in relazione alle esigenze produttive e di organizzazione dell’organico in vista del raggiungimento dell’efficienza economica.

La trasformazione è quindi valida soltanto quando risultante da accordo scritto debitamente accettato e firmato dalle parti, requisito “ad substantiam” per la riduzione consensuale dell’orario di lavoro.

Il datore di lavoro ha soltanto l’onere di prendere in considerazione le eventuali richieste di dipendenti di trasformazione a tempo parziale, dando priorità a specifiche categorie di soggetti, come ad esempio quelli con familiari affetti da gravi patologie o di lavoratrici dipendenti inserite in percorsi di protezione relativi alla violenza di genere.

Il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro non può costituire giustificato motivo di licenziamento, che sarebbe invece considerato discriminatorio e quindi nullo e passibile di applicazione della tutela reintegratoria.  

Risulta interessante soffermarsi su tre ipotetiche situazioni, nella quali ci si potrebbe domandare se la decisione unilaterale del datore di lavoro risulta legittima o meno:

-          Riduzione dell’orario di lavoro non in caso di arbitraria decisione del datore di lavoro, ma conseguente ad una crisi aziendale: anche in tal caso risulta necessario accordo scritto tra le parti;

-          Riduzione dell’orario di lavoro risultante da “fatti concludenti”: è il caso di lavoratori che tacitamente accettino la riduzione dell’orario di lavoro intimata dal datore di lavoro continuando a prestare la propria opera pur se a condizioni svantaggiate. In tal caso non è ravvisabile una volontà del lavoratore alla riduzione di orario, dovendo la stessa risultare inequivocabile, considerato il fatto che gli stessi, adottando un comportamento diverso, avrebbero potuto compromettere il loro fondamentale e rilevante interesse a non perdere il posto di lavoro e la rispettiva retribuzione. Ne consegue che risulta necessario, anche in tal caso, accordo scritto tra le parti;

-          Riduzione dell’orario di lavoro come diretta conseguenza di modificazioni strutturali dell’azienda: pur apparendo in contrasto con il principio di libertà di iniziativa economica privata di cui all’art. 41 Cost., anche in tal caso risulta necessario un accordo scritto che evidenzi l’impossibilità tecnica della prestazione così come concordata originariamente e di un nesso di causalità tra la riorganizzazione e la richiesta di trasformazione del contratto, oltre alla impossibilità di una diversa proficua utilizzazione del lavoratore per le ore divenute eccedenti.

Punto fermo e conclusivo di tutta la trattazione sembra essere l’obbligo, in ogni caso, di un accordo scritto debitamente redatto tra le parti, con le dovute specifiche e giustificazioni alla richiesta di riduzione.

A cura del Dott. Ciro Abbondante – Consulente del Lavoro e della Dott.ssa Vincenza Salemme – Praticante Consulente del Lavoro.