Procedimenti disciplinari : fasi ed obblighi del datore di lavoro.

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Cosa succede se, in costanza di rapporto lavorativo, il dipendente è inadempiente dei suoi obblighi di fedeltà e diligenza nella prestazione? In tale circostanza, il datore di lavoro potrà esercitare il suo potere disciplinare, così come regolamentato dall’art. 7, L. 300/1970 e dai CCNL.

Il suddetto articolo si divide in tre fasi fondamentali:

  • Pubblicità del codice disciplinare: il datore di lavoro è obbligato a rendere note al lavoratore le infrazioni, le relative sanzioni e le procedure di contestazione, tramite affissione del codice disciplinare.
  • Contestazione del fatto: il datore di lavoro che intende adottare un provvedimento disciplinare, ha l’obbligo di contestare l’addebito al lavoratore in modo specifico, tempestivo, non modificabile nei tratti essenziali in un momento successivo e per iscritto nei casi in cui venga applicata una gravosa sanzione.
  • Difesa: i provvedimenti disciplinari più gravi non possono essere adottati prima che siano trascorsi 5 giorni dalla contestazione, ciò al fine di garantire il termine di difesa entro il quale il lavoratore può presentare le proprie motivazioni. Il termine decorre dal momento in cui il lavoratore riceve la contestazione.

Dunque, il datore di lavoro, in veste di “giudice domestico”, ha l’onere di contestare i capi d’imputazione, nel modo più chiaro e specifico possibile, con l’esatta indicazione dei dati ed aspetti e, al tempo stesso, consentire al lavoratore non solo l’esatta individuazione dell’infrazione ma di esercitare anche il suo correlato diritto di difesa. Il lavoratore potrà esercitarlo nella forma in cui lo ritiene più opportuno, scritta o orale, ed eventualmente, può farsi assistere da un rappresentante sindacale o legale.

Attenzione, a dispetto di quanto si potrebbe dedurre, ciò non comporta alcun obbligo per il datore di lavoro di rendere noti i documenti aziendali, a prova dell’addebito contestato.

Con la sentenza n. 23408/2017, la Corte di Cassazione ha precisato che il datore di lavoro è tenuto a mettere a disposizione del dipendente la documentazione, in virtù dei principi di correttezza e buona fede, solo nel caso in cui il lavoratore abbia espresso la volontà di consultare tali documenti, nel corso del giudizio ordinario.

Tuttavia, affinché il datore esibisca i documenti, questi devono essere tali e necessari a consentire al dipendente di rendere le proprie difese e giustificazioni in modo adeguato.

Conseguentemente, se il lavoratore non aveva fatto preventiva richiesta, l’omessa esibizione al lavoratore dei documenti non comporta l’invalidità del provvedimento sanzionatorio.

Nel caso di specie, il dipendente era stato licenziato per concorrenza sleale, dal momento che aveva dato inizio ad una parallela attività di commercio dei prodotti della datrice di lavoro, per il tramite della consorte, a prezzi inferiori ma con l’utilizzo della stessa rete di agenti. Scoperta l’infedeltà del proprio dipendente da alcune mail sull’account di posta elettronica aziendale assegnata al lavoratore, la datrice di lavoro aveva deciso di licenziarlo per giusta causa.

Il lavoratore aveva fatto ricorso, asserendo che non era stato informato sui fatti ed elementi di prova in base ai quali era stata promossa la contestazione. In conformità a quanto deciso in secondo appello, anche la Cassazione ha rigettato il ricorso e confermato il licenziamento, osservando che il datore di lavoro ha sì l’onere di esporre in modo dettagliato e comprensibile i fatti, ma non di esibire anche i documenti in base ai quali era stata scoperta la condotta incriminata. Inoltre, non risultava che il dipendente avesse specificatamente e tempestivamente fatto espressa richiesta dei documenti, anzi era stato informato anche delle fonti di accusa a suo carico.

Ricapitolando: nell’ambito di un procedimento disciplinare, non è previsto alcun obbligo del datore di lavoro di mettere a disposizione la documentazione aziendale. Solo in caso di espressa richiesta del lavoratore, l’esame dei documenti risulta necessario per consentire un adeguato esercizio del diritto di difesa.

A cura del Dott. Ciro Abbondante – Consulente del Lavoro e della Dott.ssa Bianca Panico – Praticante Consulente del Lavoro.