Si al distacco dell'apprendista!

indietro

Disciplinato dall’art. 30 del D. Lgs. 276/03, con la modalità del distacco si sottintende la possibilità per il datore di lavoro di porre temporaneamente uno o più dipendenti, alle sue dipendenze, a disposizione di un altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa, al fine di soddisfare un proprio serio interesse imprenditoriale.

Vari sono i casi pratici di distacco, come ad esempio, il distacco tra imprese che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa; il distacco per evitare riduzioni di personale e mantenere così gli stessi livelli occupazionali o un distacco di lavoratori in Italia da parte di un’azienda avente sede in un diverso Stato europeo.

Colui che si avvale di questo strumento, ovvero il datore di lavoro, assume la qualifica di distaccante; mentre, il soggetto che usufruisce dell’attività lavorativa diventa il distaccatario.

Nonostante lo spostamento, il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo del lavoratore, eccezion fatta per le direttive che devono essere predisposte necessariamente dal distaccatario presso il quale viene svolta l’attività.

Dunque, il lavoratore resta sempre alle dipendenze del proprio datore di lavoro originario ma esegue temporaneamente la sua attività presso un altro datore di lavoro, seguendone le direttive. A carico del datore di lavoro distaccante resta intatto l’onere di provvedere alla retribuzione, al versamento dei contributi e all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali presso l’INAIL.

Al contrario, sul distaccatario grava la cura degli obblighi di sicurezza sul posto di lavoro, posto che il dipendente svolge presso di lui la sua attività.

Nel caso in cui il distacco comporti un possibile mutamento di mansioni, ciò deve avvenire sempre con il consenso del lavoratore interessato ed è fondamentale precisare che, qualora il distacco comportasse il trasferimento dell’unità lavorativa ad una sede distante più di 50 km rispetto a quello ove lavora abitualmente, ciò può avvenire solo se sono provate le ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.

Ricapitolando, i requisiti di legittimità del distacco sono:

-          L’interesse del distaccante, che dev’essere necessariamente specifico, rilevante, concreto e persistente;

-          La temporaneità del distacco, che deve durare per un arco temporale delimitato;

-          La titolarità del rapporto di lavoro, in capo al distaccante;

-          Lo svolgimento di una determinata attività lavorativa;

-          L’esercizio del potere direttivo da parte del distaccatario.

Se nella concretezza dei fatti, venisse a mancare anche solo uno dei requisiti, il lavoratore distaccato può ricorrere in giudizio per far sì che venga riconosciuto il rapporto di lavoro con il soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, ovvero il distaccatario. In caso di una grave violazione delle disposizioni sul distacco si applica una sanzione amministrativa e l’ammenda è di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di illegittimo distacco.

Ciò premesso, una qualsiasi azienda presso la quale lavorano degli apprendisti, potrebbe chiedersi se il distacco è compatibile con il contratto di apprendistato.

Ebbene, proprio in merito a ciò, è intervenuto l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Udine-Pordenone con una recente nota in risposta ad una richiesta di parere, la numero 29837 del 19/12/2017 , con la quale è stato precisato che non ci sono ostacoli a tale possibilità e dunque il datore di lavoro potrebbe servirsi dell’istituto del distacco anche nei rapporti di apprendistato. Va però sottolineato che ciò può avvenire, fermo restando il rispetto dei requisiti di legge e soprattutto dev’essere espressamente previsto il distacco nel piano formativo individuale dell’apprendista interessato.

Inoltre, il distacco potrà essere attivato sempre nel rispetto dei requisiti caratterizzanti l’apprendistato, quali:

-          Un piano formativo dell’apprendista;

-          Una durata minima non inferiore a sei mesi, escluse le attività stagionali;

-          Una retribuzione ridotta al massimo fino a due livelli inferiori rispetto a quella finale oppure ridotta nella misura percentuale prevista dal contratto collettivo;

-          La previsione di un tutor o di un referente aziendale, il quale garantisce la formazione dell’apprendista;

-          Il divieto di recedere dal contratto senza giusta causa o giustificato motivo durante il periodo di formazione dell’apprendista.

In conclusione, non è rilevante dov’è localizzato l’apprendista, a maggior ragione se il tutor è in grado di garantire la regolarità e soprattutto l’integrazione tra il periodo di formazione che avviene all’interno dell’azienda e quello che avviene all’esterno.

A cura del Dott. Ciro Abbondante – Consulente del Lavoro e della Dott.ssa Bianca Panico – Praticante Consulente del Lavoro.