LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO PER INSUBORDINAZIONE REITERATA

indietro

La Corte di Cassazione con recente sentenza del 03 luglio 2015 si è espressa in merito alla legittimità del licenziamento di un lavoratore che, dopo essersi presentato in ritardo sul luogo di lavoro, risponde con un comportamento di insubordinazione al richiamo del superiore, atteggiamento già manifestato già in altre occasioni.

La Suprema Corte ha ribadito che la decisione presa dalla Corte d’appello è stata assunta considerando non solo i precedenti atti di insubordinazione, ma ha valutato complessivamente i comportamenti del lavoratore considerando, sulla base delle prove testimoniali, sia il ritardo nel rientro nel posto di lavoro, che ha poi dato luogo al richiamo ed al successivo episodio di insubordinazione, sia i precedenti analoghi episodi.

Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, il principio dell'immutabilità della contestazione dell'addebito disciplinare mosso al lavoratore ai sensi dell'articolo 7 dello Statuto lavoratori (L. n. 300/1970), preclude al datore di lavoro di licenziare per altri motivi, diversi da quelli contestati, ma "non vieta" di considerare fatti non contestati e situati a distanza anche superiore ai due anni dal recesso, quali circostanze confermative della significatività di altri addebiti posti a base del licenziamento, al fine della valutazione della complessiva gravità, sotto il profilo delle inadempienze del lavoratore e della proporzionalità o meno del correlativo provvedimento sanzionatorio del datore. Pertanto, il richiamo a precedenti analoghi atti di insubordinazione non inficia la legittimità del licenziamento nel senso suddetto.

 

Il Coordinamento Scientifico

di Consulenza del Lavoro 3.0

(Società tra Professionisti)

INSUBORDINAZIONE.jpg